61. Il complottismo ci fa comodo
Ormai questi tempi sempre piú sgangherati ci spingono verso derive che non pensavamo piú possibili o che credevamo scongiurate da una diffusione della scolarizzazione pressocché capillare. Invece in questi sciagurati tempi social ci vediamo costretti a confrontarci non solo con realtá sempre piú grandi e globali, ma anche ad affrontare tutto questo con mezzi inadeguati e insufficienti. Non è facile trovare un angolino tranquillo, che sia fuori o dentro di noi, dove poter respirare un po' di aria pulita, tutto è viziato dalla paura, che ci fa vedere le cose in modo distorto e spesso ci fa diventare aggressivi soprattutto con quelle persone che cercano in qualche modo di farci respirare.
Ed è la paura insieme alla difficoltà di comprendere fenomeni complessi, che cerchiamo di racchiudere e concentrare in qualcosa di comprensibile, che ci porta a credere nei complotti. Mi sembra che paradossalmente sia la voglia di sapere e di conoscere che spinge alcuni tra le braccia delle piú disparate teorie. Certo, anche questa è una semplificazione, ma piú ci ragiono, leggo, ne parlo con le persone, piú mi sembra di vedere nel complottismo una risposta alle paure, alle incertezze ed alla curiosità delle persone. Ma, soprattutto, il non cogliere quanto ognuno di noi può fare la propria parte per sistemare le cose.
Che i complotti esistano nessuno lo mette in dubbio. Ci sono stati sempre nella storia congiure e rovesciamenti di potere, da Giulio Cesare alla Guerra in Iraq, ma non ci sono Complotti per nasconderci che non siamo stati sulla luna o che la terra è in realtá piatta. È legittimo ed anche giuso stare con gli occhi aperti e vigilare sull'operato del proprio governo, ma bisogna stare attenti anche a fidarsi delle prove e non di ipotesi. Come è successo per esempio nel caso emblematico del Watergate, lo scandalo che portò nel 1972 alle dimissioni dell´allora presidente Nixon, portato alla luce da due reporter Bob Woodward e Carl Bernstein, che indagarono e produssero le prove di quel che era successo. Cosa che invece non accade per teorici del complotto che producono prove spesso false o basati su idee folli.
Ma se esistono complotti veri e documentati, si è assistito negli ultimi anni dell'emergere di falsi complotti, teorie cospirative che contrappongono la popolazione ad ipotetici e fantomatici poteri forti che ci controllerebbero e mirerebbero a sterminare il genere umano. Tralasciando il perché un qualsiasi governo dovrebbe pensare di distruggere la sua principale fonte di guadagno (in una economia come la nostra ogni persona è un possibile acquirente di qualcosa), io mi chiedo perché alcune persone abbiano questa necessità di credere in qualcosa a prescindere da quante prove vengano portate per smontare quelle teorie. e soprattutto cosa può distinguere un complottista da un non complottista. Io non ho risposte definitive in materia, ma posso riportare una mia personale ipotesi, basata sulla mia esperienza personale. Perché anche io, in passato, sono stato un complottista.
Prima di trasferirmi in Germania vivevo a Roma, immerso in quella città bellissima ma caotica, disorganizzata e carente. Parliamo di sette anni fa, in piena crisi economica, quando mi trovai per varie vicissitudini senza soldi e senza lavoro. Le mie giornate passavano su internet e davanti la TV e, nonostante mi sia sempre considerato una persona che cerca di essere equilibrata, cominciai a credere a chi diceva che la colpa del nostro declino era dell'Europa, che ci volevano deboli, che ci volevano comprare. Cominciai a credere a chi diceva che c'era un piano internazionale per ucciderci, che il cibo veniva di proposito avvelenato, che ci irrorassero con le scie chimiche. Avevo messo in dubbio anche gli scienziati e i grandi divulgatori che ho sempre seguito fin da bambino come Piero Angela. Non è un periodo di cui vado fiero, ma la rabbia che sentivo, lo sconforto per un futuro che vedevo buio e tetro non mi davano pace. Per fortuna però sono riuscito ad emergere, primo perché ho "cambiato aria", secondo perché ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno fatto ragionare sui miei errori logici, avvicinandomi di nuovo ad un ragionamento piú lineare e meno avvitato su sé stesso, classico dei complottisti.
E poi mi sono ricordato di una vecchia filastrocca, che ricordavo aver sentito per la prima volta dalla mia maestra delle scuole elementari: è la storia di quattro persone, chiamate Ognuno, Qualcuno, Ciascuno e Nessuno. C'era un lavoro importante da fare e Ognuno era sicuro che Qualcuno lo avrebbe fatto. Ciascuno poteva farlo, ma Nessuno lo fece, Qualcuno si arrabbiò perché era il lavoro di Ognuno. Ognuno pensò che Ciascuno potesse farlo, ma Nessuno capì che Ognuno l'avrebbe fatto. Finì che Ognuno incolpò Qualcuno perché Nessuno fece ciò che Ciascuno avrebbe potuto fare. Questa è stata una delle chiavi di volta per comprendere la mia vita e un po' anche quella degli altri.
Perché spesso diamo agli altri le colpe dei nostri errori quando in realtá siamo noi stessi a fare delle azioni sconsiderate che ci portano a subire delle conseguenze che non volevamo. E cosí come incolpiamo gli altri dei nostri errori a livello personale, tendiamo a farlo anche a livello sociale piú ampio. E finiamo per credere ai complotti, alle teorie in cui siamo vittime di un sistema che non possiamo controllare- Il che non vuol dire attenzione che il sistema in cui viviamo sia il migliore e insostituibile. Il sistema non è una entità fissa che ci sovrasta come una campana e ci impedisce di volare. Quello che noi chiamiamo sistema mi appare piú come un insieme di ingranaggi e noi tutti ne facciamo parte in un modo o nell'altro. Vi faccio un esempio per spiegare meglio cosa intendo.
Molti sono convinti che il cambiamento climatico non esiste, capeggiati da 500 scienziati che affermano in una lettera inviata al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, alla vigilia del vertice di New York dedicato ai cambiamenti climatici dello scorso anno, che non esiste alcuna emergenza climatica. Ma a parte il fatto che questi scienziati vadano contro le dimostrazioni di migliaia di climatologi e specialisti, chi nega la responsabilità umana dei cambiamenti climatici (oppure tende a minimizzare questa responsabilità), lo fa per giustificare il continuo utilizzo di combustibili fossili e il mantenimento dello status quo. Non basta vedere con i propri occhi le devastazioni ambientali, le stagioni ormai sballate e neanche il continuo ripetersi di eventi estremi: i cospirazionisti dicono che è tutto ok, continuando a guidare i loro suv, abusando delle risorse naturali e inveendo contro il 99% degli scienziati che, a loro dire, sono corrotti e controllati dai poteri forti.
E questo atteggiamento di auto assoluzione è possibile vederlo in tanti cospirazionisti, dai terrapiattisti a big Pharma, dagli antivaccinisti agli antiglobalisti, da chi ce l'ha con Bill Gates a chi crede nella setta degli illuminati. Sono tutti modi per spostare la responsabilità dalla sfera privata a quella pubblica, scaricando su altri angosce e paure. Individuare un nemico facile da abbattere che sia diverso da noi e che risulti irraggiungibile. Non dimentichiamo che spesso il complotto fa comodo al potere perché ci distrae da altri problemi davvero importanti, punta sulle nostre paure, le stuzzica e ci crea sopra il consenso. Insomma, quando leggiamo di un nuovo complotto, dobbiamo farci delle domande, e la prima è: "a chi giova?". Vi riporto una citazione di Alan Moore che mi ha colpito: "La cosa principale che ho imparato circa le teorie del complotto è che i complottisti ci vogliono credere perché sono tranquillizzanti. La verità è che il mondo è completamente caotico. La verità è che non è colpa degli Illuminati, dei banchieri ebrei o degli alieni grigi. La verità fa molta più paura: nessuno è davvero al comando. Il mondo è senza timone"
Non sono d'accordo con questa visione, per me il mondo è in mano a noi che lo abitiamo, a noi che decidiamo come viverci e cosa farne. E se il mondo ci sembra un posto invivibile, cominciamo a chiederci cosa possiamo davvero fare per cambiare le cose. Perché se come ho detto prima, cominciamo a considerarci ingranaggi del sistema piuttosto che pedine inconsapevoli di chissà quale mano invisibile, possiamo fare la nostra parte e invece di guardare ad inesistenti complotti, spendere quelle stesse energie per fare qualcosa di davvero importante e significativo per noi, la nostra vita ed il prossimo. Se Ognuno facesse il lavoro che Ciascuno può fare, Nessuno avrebbe piú bisogno di Qualcuno che lo aiuti.