Le teorie del complotto hanno
origini antiche: idee antisemite basate su ignoranza e superstizione sono
documentate, per esempio, già nell'Antica Roma. Un'analisi delle lettere pubblicate
sul New York Times tra il 1897 e il 2010 per esempio dimostra che, fatta
eccezione di un paio di picchi durante la depressione economica globale di fine
Ottocento, e di un'ondata di paura del Comunismo attorno al 1950, le teorie
complottiste non sono aumentate. Da sempre le riteniamo interessanti, da sempre
ne siamo attratti. Allo stesso tempo, studi scientifici dimostrano che queste
idee vengono adottate più facilmente da chi ha bisogni psicologici non
soddisfatti: rispondono al desiderio di inclusione e di appartenenza a un gruppo che tutti
avvertiamo, e risultano particolarmente allettanti per chi non riesce ad
ottemperare a queste necessità attraverso le relazioni sociali. È su questo
tipo di utente, che Internet ha l'impatto maggiore. Condividiamo tutti notizie
per sentirci parte di un gruppo, per rafforzarci nelle nostre opinioni, ma i
seminatori di panico lo fanno noncuranti che esse siano vere o meno. Il sentirsi
parte di una élite è piú forte in alcuni della paura, talmente forte da fargli
ignorare che la verità è ben piú variegata e composta di quanto pensino, fino
ad abbandonare ogni senso critico in favore della verità del gruppo a fanno riferimento.
E il fatto di condividere ovunque la loro verità, li fa sentire grandi,
importanti, parti del gioco e non solo semplici numeri. Barricati nella bolla dei
filtri, gli algoritmi di Facebook, Google e altre piattaforme che ricordano le nostre
scelte passate e selezionano le notizie da proporci in base ai nostri gusti. Il
risultato è che è facile per tutti credere che il resto del mondo la pensi come
noi, e vivere in un contesto ovattato in cui trovano posto solo opinioni simili
alla nostra.
Per limitare i danni del caos in
rete e della diffusione di notizie false, più di regole, algoritmi e
fact-checking, molto può fare la cultura. Una sorta di alfabetizzazione
mediatica che renda i cittadini vigili, attenti e consapevoli. Perché alla fine
è sempre il cittadino che deve comprendere la notizia, valutarla, scegliere se
credere oppure no. Ecco perché, per cercare di dare un freno alla diffusione di
bufale sul web, diversi specialisti, scienziati ed esperti hanno creato
contenuti on line che per fortuna raggiungono decine di migliaia di persone e portando
anche su YouTube la grande divulgazione sulla scia della famiglia Angela. Sulla
questione Coronavirus (ma non solo), vi invito a seguire Massimo Polidoro (fondatore
e segretario del CICAP), Dario Bressanini (chimico, divulgatore scientifico e saggista italiano) e Barbascura (un
ricercatore chimico, divulgatore scientifico, youtuber, scrittore). Insomma, il
sistema internet sta (da diverso tempo ormai) sviluppando i propri anticorpi, il
che è auspicabile per continuare ad usare questo mezzo molto utile di
informazione.