Al di là della vicenda giudiziaria che appurerà le cause e le reali responsabilità del decesso di Stefano, quello che piú mi preme sottolineare è un punto secondo me vitale di tutta la questione: il ruolo dei Carabinieri e del mondo politico. Sia ben chiaro, io continuo a difendere l'integrità delle forze dell'ordine, specialmente della Benemerita, che reputo essere uno dei vanti della nostra Nazione a livello mondiale in quanto a preparazione, competenza e fedeltà allo Stato, tutori insieme alle altre forze armate della Democrazia e del principio di libertà. Questo però non deve farci dimenticare che le forze armate sono composte da uomini, esseri umani fallibili e preda talvolta delle passioni piú becere e inumane.
Come detto prima, il mondo politico (specie di una certa parte politica) si è schierato a spada tratta a favore dell'Arma, difendendone i componenti in todo, escludendo a priori qualsiasi coinvolgimento anche di un solo Carabiniere e denigrando, offendendo e ignorando le proteste di chi, torto o ragione, si sente offeso da un qualche comportamento scorretto da parete di alcuni componenti del mondo militare. Non è la prima volta che accade qualcosa del genere: spesso è piú facile voltarsi dall´altra parte piuttosto che ammettere di avere un problema, specie se questo problema viene dalle forze dell´ordine. Ma è secondo me un modo cieco e soprattutto impossibile da sostenere di fronte alle evidenze dei fatti; soprattutto un modo meschino di ignorare un problema (quello delle violenze nelle forze armate) che esiste ed è ormai evidente. Quello stesso mondo politico dovrebbe adesso, alla luce degli ultimi aggiornamenti, chiedere scusa alla famiglia Cucchi, al di là del risultato delle indagini, al di là del nesso causa - effetto tra le percosse e la morte del giovane. Soprattutto il mondo politico deve interrogarsi e prendere provvedimenti per contrastare la ormai evidente l'esistenza di un sistema interno di omertà che getta una ombra oscura su tutte le forze armate. Sistema che è l'unico a dover essere contrastato, non chi richiede giustizia e verità. Ben venga quindi la decisione dell'Arma di costituirsi parte civile nel processo (cosa che qualcuno ritiene tardiva ma che è comunque in linea con il concetto costituzionale di presunta colpevolezza).
Anche perché il rischio di creare ulteriori tensioni tra i cittadini e i tutori dell'ordine è dietro l'angolo. Un rapporto che è purtroppo spesso basato sulla diffidenza ma che dovrebbe in realtà essere fondato sul rispetto e sull'onorabilità dei militari. Rispetto che può essere garantito solo dalla lotta alle violenze ed alla presa di distanza netta da chi opera nelle gerarchie militari credendosi al di sopra della legge. Come privato cittadino ho bisogno di credere che se mi rivolgerò ad un militare avrò da esso sostegno ed aiuto e che se incapperò nei rigori della legge, devo avere garanzie che la mia incolumità sia preservata. Non devo temere di rivolgermi ai Carabinieri o di averci a che fare.
Ho la fortuna nel mio universo familiare e amicizie, di conoscere molti componenti delle forze armate, integerrimi tutori della legge, rispettosi delle regole e che meritano il rispetto perché seguono le regole a cui hanno prestato giuramento. Resto fermamente convinto che questi siano i piú e che certe brutture vadano estirpate. Essere un tutore dell'ordine non vuol dire secondo me abbassarsi al livello dei malviventi ma usare altri mezzi, essere consapevoli della propria forza ed usarla solo come estrema ratio. Perché non siamo nel far west e soprattutto perché se si è cittadini, tutori della legge e garanti della costituzione non si può abdicare a proprio piacimento alle regole che si è giurato di servire e difendere.