Ho giocato all'amore senza conoscerne le regole. Sono scresciuto come molti
a pane e romanticismo, ma non ho mai sentito il trasporto della vicinanza cosí
forte per qualcuno, anche se ho avuto relazioni molto importanti con persone
che, al netto dei loro difetti e delle differenze, mi hanno comunque voluto
bene. Non è mai facile tirare fuori quel che uno ha dentro, chiedere scusa per
un errore. Non mi è facile guardare in faccia la realtá ed accorgersi che la
vita è trascorsa credendo di amare ma in realtá facendo del male ad altre
persone che mi volevano davvero bene e che mi amavano. Il fatto è che non me
rendevo conto, come tante persone intorno a noi, che viaggiano insieme ma non
si conoscono, non si vogliono bene, non si considerano. Ci ho messo un po' a
comprendere questa verità della mia esistenza.
Non conosco l'amore e non è poca roba di questi tempi. Forse può sembrare
melenso ma è la verità: alla fine che cosa siamo noi se non esseri che devono
sentire qualcosa, cosa siamo se non animali superiori perché riusciamo a
sentire dei sentimenti cosí totalizzanti e potenti? E quando questi sentimenti
non li senti o non li hai mai provati ma sai che possono cambiare il tuo modo
di vedere le cose, la tua percezione del mondo e degli altri, che possono farti
sentire finalmente completo non li senti, provi un vuoto dentro che non riesci
a colmare con niente. Ci abituiamo a pensare che i sentimenti siano superflui,
che non servano, che si possano soppiantare con belle macchine, belle case, la
compagnia di un cane. Non è banale cercare l'amore, uno dei sentimenti piú
sfuggenti e irriconoscibili della gamma umana. Non è banale anche se è stato
banalizzato, anche se da bambini ci dicono che è una cosa da femmine, che noi
maschi non dobbiamo piangere, che dobbiamo essere forti, che non dobbiamo
mostrare le nostre attenzioni. Gli esempi maschili che ho avuto non sono stati
molto edificanti in questo senso. Non ho mai visto piangere mio nonno materno a
cui ero molto legato neanche quando è morta sua madre. Ho visto piangere mio
nonno paterno solo quando è morta sua moglie, compagna di una vita. Mio padre
stesso non l'ho mai visto esternare altro che la sua rabbia, la sagace ilarità e l´ironia.
Ma le lacrime no, quelle sono vietate. Io esplodo nella rabbia, esplodo nel
dolore, ma non riesco ad esplodere nella gioia. Piango ma sempre quando sto
male, quando quella rabbia e quel vuoto che sento dentro mi devastano. Ma non
riesco a lasciarmi andare, a piangere di gioia, a vibrare d'amore. Come se per
me l'amore fosse ancora una cosa da femmine, come se essere innamorato volesse
dire sentirmi fragile, consegnarmi nelle mani dell'altro, dipendere
completamente da lui. Una parte di me vorrebbe tanto sentire quella vibrazione d'amore
e la cerco ovunque. Scrutto gli occhi degli altri, specialmente dei ragazzi che
mi piacciono, cercando quella scintilla che mi dica "ehi, vuoi essere la mia metà?"