Davide contro Golia: Quando il Cittadino Sfida le Big Tech

09.04.2025

di Nicola Accordino

C'era una volta un gigante chiamato Golia. Alto, forte, arrogante. Nessuno riusciva a sconfiggerlo, finché arrivò Davide, un pastore con una fionda. Lo conosciamo tutti, no? Ma oggi non siamo più nell'antica Israele, e Golia ha cambiato volto. Non ha più un'armatura, ma una holding in Delaware, server in Irlanda, e depositi fiscali in Lussemburgo. E Davide? È ancora lì: solo, armato di uno smartphone con schermo crepato e una connessione Wi-Fi ballerina.

Benvenuti nella nuova favola della globalizzazione: l'epica battaglia tra cittadino e Big Tech.

Amazon, Google, Facebook, Apple, Microsoft: le conosciamo bene. Sono nei nostri telefoni, nelle nostre case, nei nostri pensieri. Letteralmente. Conoscono le nostre ricerche notturne su come cucinare i broccoli, i nostri dubbi esistenziali, i nostri desideri più inconfessabili. Si sono inserite nei ritmi della nostra vita, talvolta sostituendosi allo Stato, alla scuola, alla piazza.

Sono più potenti di molte nazioni: non votate, non elette, ma capaci di modellare l'opinione pubblica, influenzare le elezioni, riscrivere le leggi del mercato. E lo fanno con un sorriso, un'interfaccia user-friendly, e una newsletter settimanale con le "offerte che ti potrebbero piacere".

ma dove paga Golia? Risposta breve: da nessuna parte.

O meglio: paga dove le tasse sono basse, quasi invisibili. Grazie a meccanismi noti come transfer pricing, scatole cinesi fiscali, intellettual property boxes e altri strumenti legali, ma eticamente acrobatici, riescono a spostare i profitti laddove il fisco è più gentile. Così, aziende che fatturano miliardi in Italia pagano tasse da bar di provincia.

Un esempio su tutti? Apple: nel 2014, dopo un'indagine UE, si scoprì che pagava appena lo 0,005% di tasse in Irlanda sui profitti europei. Un miracolo. Economico, non divino.

Il cittadino medio non ha holding internazionali, né commercialisti che parlano in sigle. Ha però qualcosa di più potente: la voce. E quando si unisce ad altre voci, può diventare un coro difficile da ignorare.

Il "nuovo Davide" ha capito che:

  • Può votare politici che chiedano una tassa minima globale.

  • Può denunciare online le pratiche scorrette.
  • Può scegliere dove comprare, sostenendo imprese etiche, locali, cooperative.

Ma soprattutto può farsi domande scomode, come: perché un'azienda con sedi in tutto il mondo ha bisogno di non pagare quasi per nulla mentre a me fanno i conti fino all'ultimo centesimo?

Parliamoci chiaro: parlare di fisco, tassazione equa, normative antitrust non è esattamente ciò che ti fa spopolare su TikTok. Eppure è da qui che parte il cambiamento.

Nel 2021, 130 Paesi hanno aderito all'accordo dell'OCSE per una tassa minima globale del 15% sulle multinazionali. Una proposta storica (e sì, anche un po' timida), ma che nasce dalla pressione pubblica. Se nessuno ne avesse parlato, non sarebbe mai arrivata.

E chi è che ha fatto pressione? Economisti, ONG, attivisti... e cittadini informati. Cioè Davide, che si stava finalmente svegliando.

Ogni acquisto è un atto politico. Quando compri da un piccolo produttore, paghi il prodotto e contribuisci alla comunità. Quando compri da Amazon a mezzanotte con consegna Prime, paghi la comodità, ma finanzi anche un modello che non sempre tutela lavoratori e territorio.

Questa non è moralizzazione, è consapevolezza. Nessuno può essere sempre coerente, ma scegliere consapevolmente una volta su cinque è già una forma di resistenza. Davide non può vincere ogni round, ma può colpire nei punti deboli: immagine pubblica, reputazione, etica.

Non sottovalutiamo il potere del "click consapevole". Ricordi il caso Cambridge Analytica? O la campagna #StopHateForProfit contro Facebook? O l'hashtag #AmazonStrike?

Ogni movimento nato online ha avuto un impatto. Magari non ha abbattuto Golia, ma l'ha costretto a muoversi, a difendersi, a cambiare qualche regola del gioco.

Persino le aziende più ciniche temono lo sdegno pubblico organizzato, i boicottaggi, le figuracce mediatiche. Non per amore della giustizia, ma perché influiscono sul fatturato. E il portafoglio, si sa, è il vero cuore di Golia.

Davide, se vuole avere una chance, deve usare l'ironia come leva. Laddove Golia si prende troppo sul serio – con i suoi report di sostenibilità dal tono paternalista – Davide può ridicolizzarlo, renderlo grottesco, far emergere le sue contraddizioni. E non c'è niente che Golia tema di più del diventare meme.

L'ironia è popolare, contagiosa, virale. E ha il pregio di parlare a tutti, anche a chi non ha studiato economia internazionale. È la lingua franca della ribellione intelligente.

Davide non vincerà con un singolo colpo. Golia non cadrà in un giorno. Ma se oggi iniziamo a parlare, domani a votare, dopodomani a scegliere, e poi a ridere insieme di quel gigante troppo grosso per capire, allora forse abbiamo una possibilità.

E se anche non lo abbattiamo, almeno lo renderemo un po' meno sicuro di sé, un po' più attento, un po' più umano.

E magari, mentre guarda con sospetto quella marea di piccoli Davide che crescono, si accorgerà che l'era del dominio totale è finita.


Siamo nel mezzo di una battaglia economica e ideologica che potrebbe determinare il nostro futuro. Mentre gli Stati Uniti, con le loro politiche economiche imperialiste, ci impongono dazi insostenibili, la nostra risposta deve essere chiara, forte e, soprattutto, unita. Non possiamo più permetterci di essere complici silenziosi di un sistema che...

Ci sono idee che non muoiono mai, non perché siano immortali, ma perché continuano a far paura. La Bauhaus è una di queste. Nata per liberare l'arte e il design dai vincoli del passato e metterli al servizio di tutti, si è ritrovata prima braccata dai nazisti, poi saccheggiata dal capitalismo.