E allora le Foibe?

02.08.2019

39 anni fa, il 2 agosto 1980 alle ore 10 e 25 una bomba esplose nell'atrio della stazione di Bologna. Come ogni anno, molte sono state le celebrazioni in ricordo di quella strage, di quei morti e della ferita profonda inferta alla nostra democrazia da terroristi senza scrupoli, indifferenti al dolore e alla sofferenza che stavano infliggendo a decine di centinaia di persone. «Un paese civile e democratico non può prescindere dalla individuazione dei mandanti delle stragi» dice il manifesto del 2019 che ricorda gli anni trascorsi dall'esplosione della bomba, gli 85 morti e i 200 feriti, la matrice «fascista» dell'attentato. Al centro c'è la foto della lapide con i nomi delle vittime. Non voglio solo ricordare questo evento terribile, quanto analizzare con voi un aspetto sconcertante e che ogni volta che si parla di stragismo (soprattutto quello di estrema destra) si ripresenta: il benaltrismo, imperante in questa fase, sconcertate per certi versi, dell'epoca social.

Nella giornata di oggi, molti articoli in rete hanno dato spazio alla commemorazione e personalmente ne ho condiviso qualcuno in vari gruppi e sulla mia pagina personale. Perché credo che in questo momento in cui l'estrema destra sta cercando (e purtroppo riuscendo) a riscuotere sempre piú consensi, piú forte si fa la necessità di non dimenticare e non abbassare la guardia. L'estrema destra che ancora esalta il duce a Predappio (come accaduto il 28 luglio scorso) e che dimentica le stragi compiute dai propri esponenti, nel tentativo di un revisionismo storico non solo pericoloso ma deleterio per la nostra democrazia. Un appello alla memoria che ha ricevuto spesso la stessa risposta: si, ma le foibe?

La cosa mi ha colpito e infastidito allo stesso tempo. Non tanto per il fatto in sé, che si ripropone ad ogni commemorazione, ma perché il clima politico, sempre piú estremizzato e polarizzato agli estremi, ha portato questa risposta anche nella bocca di persone notoriamente moderate e che un tempo avrebbero cercato di comprendere prima di rispondere in un modo cosí standardizzato e antagonista. Mi spiego meglio. Il fatto di ricordare che, mentre a destra si mettevano a segno atti terribili come la strage di Bologna, a sinistra si nascondevano gli orrori delle foibe è giusto: gli estremismi sono e devono essere entrambi ampiamente esecrati e vanno ricordati. Ma contrapporre strage a strage, violenza a violenza, non è la strategia migliore per portare avanti il discorso politico. Anzi, mi sembra solo un modo per distrarre l'attenzione dal discorso piú profondi che si cerca di portare avanti in favore di un urlarsi e rinfacciarsi errori e orrori, che non conduce da nessuna parte.

Quello che molti commentatori da bar non riescono a comprendere è che si, si può e si deve parlare delle stragi, delle dittature, degli errori commessi, delle ripercussioni sociali e politiche delle contrapposizioni violente. Ma lo si deve fare nei contesti e nelle forme giuste. Credo che continuare ad additare l'altro come cattivo e contrapporre il dolore alla sofferenza non porti a nulla e che anzi, rischia di riaprire vecchie ferite non ancora bene cicatrizzate. Il dolore non può essere capitalizzato solo da una parte. Quel 2 agosto di 39 anni fa morirono persone che avevano idee e modi di vita completamente diverse, sia simpatizzanti di destra che di sinistra, persone che avevano visioni del mondo anche agli antipodi. Chi contrappone alle stragi della propria parte quelle della parte avversa, forse cerca una giustificazione, di scrollarsi di dosso un senso di colpa, allontanare da sé anche solo il sospetto di star sostenendo un ideale errato, ma secondo me è un ragionamento completamente fallace. Il fatto che l'altro sbagli non rende meno grave il tuo di sbaglio. Pur ritenendomi una persona vicina ad alcune idee di sinistra, non mi sento affatto coinvolto nella questione delle foibe perché ideologicamente mi sono distanti tanto quanto la strage di Bologna per il semplice fatto che è proprio la violenza a non far parte del mio DNA politico.

È innegabile che la sinistra debba ancora fare pace con gli spettri del proprio passato, scrollandosi di dosso l´aura di purezza che si era cucita addosso e fare pulizia e autoanalisi (chiedendo scusa per il lungo silenzio sulle Foibe, sulla dittatura sovietica e dei Paesi del blocco comunista o sui crimini commessi da alcuni Partigiani durante la guerra, da sempre contrapposti a quelli dei fascisti), ma come non è giusto confondere la destra con l'estrema destra, cosí non bisogna confondere sinistra con estrema sinistra. Cosa difficile in un paese in cui non esiste piú una formazione di destra moderata (come poteva essere Forza Italia o anche Alleanza Nazionale), dove il consenso e il racconto politico si polarizzano sempre piú su posizione oltranziste e altright e dove si rincorre il consenso al ribasso urlandosi in faccia slogan e sberleffi; é doveroso ricordare i fatti per come sono avvenuti, senza permettere revisionismi storici e colpi di bianchetto che cancellino responsabilità e ingerenze.

In "allora le Foibe?" si racchiude l'ennesimo tentativo di delegittimare l'avversario e far dimenticare l'operato della propria parte politica buttandola in caciara, oltre che un modo per distogliere l'opinione pubblica da riflessioni piú profonde che vanno fatti sulle questioni politiche, sul periodo stragista del nostro Paese, sui crimini della guerra e da tutte le questioni irrisolte che ci trasciniamo da almeno 70 anni sulle spalle. Ma legittimare la violenza dei propri contrapponendo quella degli avversari è un gioco molto pericoloso che alla lunga non funziona per nessuno. Perché a furia di contrapporre orrore ad orrore si finisce per perdere l'essenza delle cose, la differenza ideologica. Si perde l'uomo e tutto diventa permesso, lecito, giusto. Non c'è alcuna differenza tra piazzare una bomba in una stazione o sfracellare delle persone in un pozzo carsico, ma se la violenza si auto assolve, perdiamo tutti.  

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