Il "metodo Boffo" e il giornalismo scandalistico di Vittorio Feltri

23.06.2019

Con "Metodo Boffo" si intende, nel linguaggio politico e giornalistico, una campagna di diffamazione a mezzo stampa basata su fatti reali uniti a falsità e illazioni, sia allo scopo di screditare un avversario politico, ma soprattutto per creare un diversivo mediatico per spostare l'attenzione dell'opinione pubblica da temi altrimenti scomodi. Prende il nome dalla vicenda subita tra agosto e settembre 2009 dall'allora direttore di Avvenire Dino Boffo che, dopo aver scritto alcuni editoriali contro Silvio Berlusconi, fu accusato su il Giornale. Il direttore di allora Vittorio Feltri, fece pubblicare una presunta informativa della polizia in cui Boffo era indicato come un "noto omosessuale", querelato da una signora di Terni che aveva ricevuto telefonate sconce e offensive e intimidazioni perché lasciasse il marito che aveva una relazione con Boffo. Boffo definì una "patacca" la documentazione (che fu smentita anche dal gip di Terni), ammettendo invece di aver pagato un'ammenda per il reato di molestia alle persone, per una vicenda causata però da altri e cioè, da un giovane che tuttavia, nel frattempo, era morto. Nonostante tutto, travolto dallo scandalo, il 3 settembre 2009 Boffo si dimise da direttore di Avvenire, ma per le false accuse nel 2010 Feltri fu sospeso dall'albo dei giornalisti per sei mesi (poi ridotti a tre). Il primo a parlare di "Metodo Boffo" fu Marco Tarquinio, nuovo direttore all'Avvenire, definendolo un "misfatto", un uso della stampa "per fare del male in modo consapevole e violento".

Feltri non era nuovo a certe esternazioni e soprattutto per un uso cosí disinvolto e scandaloso del mezzo della stampa. Oltre al caso Boffo e quello della radiazione temporanea dall'ordine dei giornalisti si è reso protagonista di diverse controversie e vicende giudiziarie, oltre che aver pronunciato una serie infinita di castronerie, dichiarazioni politicamente scorrette e frasi grossolanamente sessiste e omofobe oltre che contro le minoranze e gli immigrati. Maurizio Crozza, noto comico genovese, ne ha fatto una imitazione al limite del surreale ma che non è poi cosí lontana dalla realtà´, visti i titoli che "Libero", il giornale di cui è fondatore e direttore, sforna quasi giornalmente. Titoli che puntano alla provocazione, al dissenso, a far parlare di sé un giornale che si sente libero di esprimere ciò che vuole ma che è solo l'ennesimo caso di come si possa trasformare una abile professione in qualcosa di squallido e svilente. Feltri, maestro del dissenso, ha costruito sulle polemiche la sua carriera, costruendo la sua visibilità mediatica sull'essere un bastian contrario e giocando sulla libertà d parola e pensiero sancito dall´art. 21 della nostra costituzione. Ma la libertà di pensiero si è con il tempo trasformata in una scusa per attaccare gratuitamente tutto quello che era possibile attaccare, con il solo scopo di fare cassa e aumentare la visibilità del proprio prodotto.

Già da molto tempo, a detta di tutti, lo stile di "libero" e del suo direttore ha stancato, da quel "Calano fatturato e Pil ma aumentano i gay" con tanto di occhiello rosso: "C'è poco da stare allegri" (titolo del 23 gennaio 2019), che ha portato ad un primo boicottaggio da parte degli sponsor alla dichiarazione scioccante scritte nell´editoriale dopo il malore del Maestro Camilleri ("Se muore non vedremo più quel terrone rompico***oni di Montalbano"), passando per "Dopo la miseria portano le malattie" (rivolto ovviamente ai migranti), l'ormai tristemente celebre "Bastardi islamici" o, uscendo dal seminato delle migrazioni, robaccia come "Più patate, meno mimose" in occasione dell'8 marzo (e le diverse varianti dedicate anche a Virginia Raggi, con il "patata bollente") o "Renzi e Boschi non scopano". Poi gli insulti alla gente del sud con il celebre "Comandano i terroni" e infine il penultimo, di qualche mese fa, "vieni avanti Gretina" (dedicato alla visita a Roma di Greta Thunberg). Tutti articoli e titoli che, insieme all'atteggiamento aggressivo di Vittorio Feltri (che in ogni trasmissione non smette mai di esprimere concetti e idee che sono non solo opinabili ma becere e contro il comune sentire di una nazione civile e progressista) hanno stancato e che gettano un velo di infamia su tutto il giornalismo italiano.

Le polemiche scatenate dalle sue dichiarazioni su Camilleri, reiterate tra l'altro durante una intervista ai microfoni de I Lunatici su Rai Radio2, sono state molte e bipartisan e addirittura si è alzata una sorta di "fronda giornalistica" contro il (troppo loquace e facile al turpiloquio) editorialista. I giornalisti Sandro Ruotolo e Paolo Borrometi, in segno di contrarietà con l'editoriale di Feltri, hanno deciso di autosospendersi dall'Ordine dei giornalisti e attivato una petizione su Change.org per ottenere la sua radiazione. "L'idea che Vittorio Feltri offre è che si possa, impunemente, permettersi questo avvelenamento chirurgico." Scrivono nelle motivazioni i due giornalisti "E non è un problema solo suo. Almeno, non lo è più. A lui non frega niente: il limite, la deontologia, la misura, il buon senso, diremmo perfino la dignità sembrano saltate da tempo. Noi siamo convinti che resti intatta la bellissima frase che recita "Non condivido le tue idee ma darei la vita per permetterti di esprimerle". Continuiamo a batterci contro la censura e gli editti, ma non possiamo accettare tra noi chi istiga all'odio. Ne va della nostra credibilità."

La petizione in poche ore ha raggiunto e superato la soglia delle 50 mila adesioni, mentre l'hashtag #Feltri diventa primo nei trend topic e i commenti rivolti al Direttore di "Libero" non vanno certo per il sottile, cosí come i blog, le polemiche. Per quanto mi riguarda, al di la della mia opinione personale su Feltri, credo che il gesto di attaccare cosí una persona che non può difendersi sia vigliacco, ancor piú quando non lo si fa direttamente ma aggredendo la sua opera, in questo caso letteraria. Attaccare Montalbano che è in tutto e per tutto un alter ego dell'autore, vuol dire attaccare anche Camilleri, che nel suo personaggio di punta riversa da anni le sue esperienze, il suo sentire, le sue gioie e le sue paure. Le inutili parole proferite dallo stesso Feltri (e la difesa a lui fatta da un altro maestro della fuffa e della rissa Vittorio Sgarbi) di apprezzamento e di dispiacere per la morte di un uomo, fanno ancora piú rabbia perché suonano false, ipocrite e fuori contesto, dette solo per far tacere la coscienza. C'è da sperare che questa goccia faccia finalmente traboccare il vaso e inondi un esponente di un giornalismo becero e sicuramente inutile allo sviluppo civile e democratico della coscienza politica e civile del paese. 

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