Resistenza: ieri, oggi, domani
di Nicola Accordino

La Resistenza è stata il cuore pulsante della lotta per la libertà e la dignità umana. Un movimento eterogeneo, fatto di operai e studenti, donne e contadini, intellettuali e soldati sbandati. Non una semplice reazione armata contro un invasore, ma una battaglia di idee, di ideali, di sopravvivenza contro il totalitarismo e l'oppressione. È stata dura, spietata, senza sconti: fatta di tradimenti, rappresaglie, sacrifici. Ma ha portato qualcosa di inestimabile valore: la democrazia, la Costituzione, la possibilità di scegliere chi siamo e chi vogliamo essere.
Pensiamo alla lotta partigiana nelle valli piemontesi, alla resistenza urbana nelle città occupate, agli scioperi operai del '43 e '44 come atti di ribellione non solo contro l'occupante nazista, ma contro un'idea di società basata sul terrore e sulla negazione dei diritti fondamentali. Persone comuni che scelsero di non voltarsi dall'altra parte, pagando con la vita. Come dimenticare Giacomo Ulivi, giovane studente partigiano, che scrisse poco prima di essere fucilato: "Siate sempre degni della libertà che altri hanno conquistato per voi al prezzo della loro vita"?
Oggi, la parola "Resistenza" ha ancora senso?
Se pensiamo alla Storia come qualcosa di chiuso, sigillato nei libri, allora no. Ma se la vediamo come un processo in continuo divenire, allora la Resistenza è più attuale che mai. Non ci sono più le montagne su cui combattere, ma le trincee si sono solo spostate: nei diritti da difendere, nella giustizia sociale, nella lotta alle disuguaglianze.
Viviamo in un'epoca di nuove forme di oppressione: il controllo economico delle grandi multinazionali, le speculazioni finanziarie che arricchiscono pochi a discapito di molti, le politiche di austerità che soffocano intere generazioni. Il concetto di "Resistenza" oggi si traduce nel difendere i diritti conquistati, nel contrastare la narrativa della paura e della divisione, nel lottare per una società che non si pieghi alla logica del profitto a ogni costo.
A cosa si resiste oggi?
Si resiste allo strapotere economico delle multinazionali, che dettano le regole senza essere elette da nessuno. Si resiste alle speculazioni finanziarie che fanno collassare intere economie, mentre pochi si arricchiscono sulle macerie. Si resiste alla logica divisoria del "noi contro voi", alimentata da chi vuole il caos per controllarlo meglio, riproponendo il vecchio "divide et impera" di matrice romana.
Si resiste alla paura che ci chiude in bolle sempre più piccole, rendendoci diffidenti gli uni verso gli altri, manipolabili, incapaci di vedere oltre il nostro piccolo interesse. Si resiste a un sistema che ci vuole egoisti, soli, incapaci di empatia. Si resiste per restare umani, mentre la società ci spinge a diventare numeri, consumatori, ingranaggi di una macchina che non possiamo controllare.
Pensiamo alla resistenza digitale: il controllo delle informazioni, la manipolazione delle opinioni attraverso algoritmi e bolle di filtraggio, la mercificazione della nostra privacy. Resistere oggi significa anche proteggere la nostra identità digitale, rifiutare la sorveglianza di massa, pretendere trasparenza da chi gestisce le nostre vite attraverso dati e numeri.
Resistere oggi significa informarsi, discutere, mettere in discussione il presente per costruire un futuro diverso. Significa non accettare passivamente ciò che ci viene imposto, significa ricordare che dietro ogni grande ingiustizia c'è qualcuno che trae vantaggio dal nostro silenzio.
Lo scrittore e partigiano Beppe Fenoglio diceva: "La libertà è come l'aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare". È proprio per questo che oggi la Resistenza non è solo memoria: è un impegno quotidiano. Oggi come ieri, resistere significa scegliere da che parte stare.