Il Grande Bluff dell’Eterno Ieri: Tradizione, Tradizionalismo e la Truffa del Passato Perfetto
di Nicola Accordino

Viviamo in tempi strani. Da una parte, corriamo dietro all'innovazione come criceti sulla ruota: intelligenza artificiale, auto elettriche, carne coltivata in laboratorio. Dall'altra, ci sono politici e intellettuali da salotto che si aggrappano con le unghie e con i denti a un passato mitologico, una sorta di Eden perduto che nessuno ha mai visto davvero. La famiglia tradizionale, la società sana e ordinata, i valori autentici. Ma autentici per chi? E soprattutto, chi ha deciso che fossero davvero quelli?
Ecco il punto: c'è una differenza sostanziale tra tradizione e tradizionalismo. E questa differenza è la chiave per smascherare uno dei più grandi inganni del nostro tempo.
Facciamo un gioco. Pensate alla parola "tradizione". Cosa vi viene in mente? Forse un nonno che racconta storie accanto al fuoco, le nonne che impastano a mano i tortellini, una processione religiosa in un borgo antico. Bene. Ora fate un altro esercizio: provate a immaginare che cosa, nella vostra vita quotidiana, potrebbe essere considerato una tradizione, e poi chiedetevi se è sempre esistita o se, in realtà, è un'invenzione recente.
Vi faccio un esempio. Oggi molti dicono che la pizza margherita sia un pilastro della cultura italiana. Ma lo sapete che prima del 1500 la pizza non aveva nemmeno il pomodoro? La tanto decantata cucina tradizionale italiana è frutto di incontri e contaminazioni continue. Il caffè? Portato dagli arabi. La pasta? Probabilmente introdotta dai cinesi o dagli arabi stessi. Il basilico? Nemmeno europeo. Ma guai a dirlo: qualcuno potrebbe sentirsi offeso nel profondo della sua "identità" culinaria.
Ora, la tradizione è proprio questo: una costruzione in divenire, un'eredità che si trasforma. Non è qualcosa di statico, ma un processo. È la lingua che cambia, le festività che si modificano, i riti che si adattano ai tempi. È l'ossatura di una cultura, ma non un fossile.
E qui entra in gioco il tradizionalismo, ovvero la sua versione più tossica e dogmatica. Il tradizionalista prende la tradizione, la impacchetta, la congela e la trasforma in un'arma ideologica. Non importa se le cose sono cambiate: per lui la regola è "così si è sempre fatto". Una frase che, nella storia dell'umanità, ha giustificato tutto: dall'oppressione delle donne all'uso della tortura, dalle guerre di religione alla censura del pensiero libero.
Friedrich Nietzsche, che di queste cose ci aveva visto lungo, parlava dell'"eterno ieri": l'illusione che il passato fosse perfetto e che il futuro non possa far altro che rovinarlo. È la mentalità dei reazionari, di chi teme il cambiamento perché il cambiamento implica sforzo, dubbio, incertezza.
Ma c'è un problema: l'eterno ieri non è mai esistito.
Chi invoca il ritorno ai valori del passato dimentica (o finge di dimenticare) che il passato era pieno di problemi. Quando si dice "una volta c'era più rispetto", bisognerebbe specificare: rispetto per chi? Perché se eri una donna e volevi votare, non c'era rispetto per te. Se eri un operaio in una fabbrica dell'800, non c'era rispetto per la tua salute. Se eri nato nel posto sbagliato, eri carne da macello per guerre e colonialismi.
Eppure, il mito del passato dorato resiste. Perché? Perché è rassicurante. È molto più facile credere che "una volta era tutto meglio" piuttosto che affrontare la complessità del presente. Ma soprattutto, è molto più facile per certi politici e intellettuali vendere la nostalgia che proporre soluzioni concrete.
Sapete quando le tradizioni sono state realmente fissate e codificate? Nel XIX secolo. L'antropologia culturale ce lo insegna: la maggior parte delle pratiche e dei simboli che oggi chiamiamo "tradizionali" sono stati cristallizzati dai governi dell'epoca per costruire un'identità nazionale.
L'idea di una cultura omogenea è una creazione recente. Prima, ogni villaggio aveva le proprie usanze, le proprie credenze, i propri dialetti. Poi, con l'avvento degli Stati-nazione, tutto è stato standardizzato: costumi regionali, feste popolari, anche la lingua è stata "purificata" per creare un'identità comune. Non è che la tradizione sia falsa, è che è stata selezionata e reinterpretata a uso e consumo del potere.
Un esempio? Il kilt scozzese. Oggi è il simbolo della Scozia tradizionale. Eppure, sapete chi l'ha inventato? Gli inglesi, nel 1700, come uniforme per i soldati scozzesi arruolati nell'esercito britannico. Prima, i veri scozzesi non si vestivano affatto così.
Ed eccoci al punto centrale: il tradizionalismo è l'arma perfetta per il potere.
Perché? Perché è un diversivo. Se il popolo discute su cosa significhi "difendere le radici", nessuno si accorge che nel frattempo stanno privatizzando l'acqua pubblica o distruggendo l'ambiente. È un meccanismo perfetto: mentre la gente si scalda sulla famiglia naturale, i potenti si riempiono le tasche.
Pensate ai grandi leader della destra tradizionalista: parlano di identità nazionale, ma fanno affari con multinazionali straniere. Difendono i "valori cristiani", ma tagliano i fondi alla sanità e all'istruzione. Dicono di voler proteggere il popolo, ma se ne fregano del precariato e delle disuguaglianze.
Il tradizionalismo è vuoto, sterile, marcio. È una scatola senza contenuto. È un teatrino utile solo a chi vuole mantenere il potere, mentre il popolo si divide e litiga su temi fittizi.
La tradizione è come un albero: cresce, cambia, si adatta ai tempi. Il tradizionalismo è come un albero finto di plastica: sempre uguale, senza vita, senza radici vere.
Dunque, diffidate di chi vi dice che "si stava meglio prima". Nella maggior parte dei casi, vuole solo distrarvi dai problemi reali mentre lui si arricchisce nel presente.