55. Parlare di EU con i disegnini per comprenderla meglio.
L'italiano medio crede ormai fermamente che l'Unione europea sia la matrigna cattiva che gli propina ogni giorno una mela avvelenata. Ma questa è la favola di Biancaneve cui si aggrappano i nostri politici, certo non da oggi, per mascherare i loro fallimenti. In realtà l´Unione Europea, al netto delle sue debolezze e fragilità strutturali, é riuscita a fare in Europa quello che solo i Romani, con la loro Pax Augusti erano riusciti a fare per due secoli: far regnare la pace. E per capire quanto l´Europa sia stata devastata da conflitti territoriali combattuti da enormi eserciti, può essere utile guardare questo video, dove ad ogni anno é corrisponde uno spostamento di confini che costava allora decine di migliaia di morti oltre alla fame, le pestilenze, i disastri economici.
L´Unione Europea é solo il piú recente stadio di un percorso cominciato nel 1950: le nazioni europee cercavano ancora di risollevarsi dalle conseguenze devastanti della Seconda guerra mondiale, conclusasi cinque anni prima. Determinati ad impedire il ripetersi di un simile terribile conflitto, i governi europei giunsero alla conclusione che la fusione delle produzioni di carbone e acciaio avrebbe fatto sì che una guerra tra Francia e Germania, storicamente rivali, diventasse - per citare Robert Schuman nella sua famosa dichiarazione proprio il 9 Maggio che oggi, in tutta l´Europa, viene celebrato come "Giorno dell´Europa" - "non solo impensabile, ma materialmente impossibile". Si pensava, giustamente, che mettere in comune gli interessi economici avrebbe contribuito ad innalzare i livelli di vita e sarebbe stato il primo passo verso un'Europa più unita. L'adesione alla CECA era aperta ad altri paesi. Ecco in una brevissima sintesi i passaggi che portarono da quel discorso alla UE che oggi conosciamo.
L´introduzione dell´Euro, non supportato da una altrettanta e intensa campagna di integrazione tra gli Stati ed i Popoli Europei, gli squilibri economici e una politica economica differenziata e scoordinata, hanno creato i presupposti perché lentamente in Europa cominciasse a serpeggiare un certo malcontento. Molti partiti politici di estrema destra e populisti hanno cominciato a gettare sulla EU le colpe delle loro incapacità gestionali e delle scelte politiche scellerate, raccogliendo consensi prima nei Paesi piú fragili come l´Italia e in seguito anche in tutti gli altri. Infine, la crisi economica, con le sue ricadute sociali e la crisi di legittimità delle formazioni politiche tradizionali, che investe il ruolo stesso dei corpi intermedi e la loro capacità di mettere in circolazione partecipazione, riflessioni collettive e progettualità, finisce con il favorire la fuga nell'astensione e l'affermazione di forme populistiche di contestazione. Tali fenomeni promettono di essere sempre più impattanti nel futuro prossimo.
Il processo di integrazione europeo, con la conseguente devoluzione di sovranità da parte degli Stati membri su questioni strategiche, delicate e impattanti, come la disciplina monetaria e le scelte macroeconomiche, favorisce una sensazione di impotenza che concorre a delegittimare, agli occhi dei cittadini, l'operato dei governi e delle forze politiche tradizionali. Tale processo di delegittimazione, nel corso della presente crisi economica, non si è limitato a investire solo le élite politiche nazionali, ma si è tradotto in una crescita rilevante delle correnti euro scettiche in diversi paesi europei.
l´attuale crisi COVID19 non sta facendo altro che amplificare questo malcontento, specie in Italia, dove partiti come Fratelli d´Italia e Lega spingono sulle teorie complottiste, sulle bufale anti europeiste, sulla necessita di una Italexit. Ma è davvero così? È davvero tutta colpa dell´Europa? Davvero l´Europa ci odia?
Mi piace pensare alla Unione Europea come un condominio dove convivono 27 condomini con differenti idee, modi di vivere e di affrontare i problemi. E importante comprendere che é normale per Nazioni come la Cina o la Russia decidere immediate soluzioni: a parte il discorso dittatura (che spesso viene sottovalutato), si parla di singoli Stati con singoli governi che prendono decisioni unanimi. Mettere in accordo 27 governi diversi non è facile. Si può e si deve lavorare sui tempi di reazione studiando strategie comuni e comuni protocolli, ma è inevitabile che le democrazie siano piú macchinose e spesso farraginose.
Ma ciò non vuol dire che l´Europa non ci serva o che noi non serviamo all´Europa. l'Europa fa parte della politica italiana e l'Italia è interdipendente con la politica europea. Tenere distinta l'una dall'altra è un errore. Basti guardare al caos esploso nel Regno Unito, il Paese che più di altri ha cercato di distaccare l'arena nazionale dall'interdipendenza sovranazionale.
L'UE non può occuparsi di tutto, né questo è mai stato il suo obiettivo. La competenza dell'UE ad agire è chiaramente definita e delimitata dai trattati. Il principio generale è che l'UE dovrebbe agire soltanto quando un obiettivo può essere meglio conseguito a livello dell'UE che non a livello nazionale, regionale o locale. Ormai siamo talmente abituati a certe dinamiche che neanche ce ne accorgiamo. Ecco perché forse é importante ragionare piú sul perché ci conviene restare che sui motivi che abbiamo per andarcene. Un ragionamento che dobbiamo fare su dati e fatti oggettivi e che sono un insieme di piccole e grandi ragioni che unite tutte insieme danno la cifra del nostro progresso civile e sociale degli ultimi 70 anni.
L´Unione Europea è l'area del mondo che assicura la maggiore tutela dei diritti e delle libertà fondamentali. È qualcosa di cui andare molto fieri, ma non tutti gli stati membri abbracciano in tutto questa definizione. A partire purtroppo dall'Italia, in cui tanti di questi diritti vengono ancora messi in discussione, i paesi in cui certe libertà vengono apertamente minacciate. Certo, l´Unione va migliorata, resa piú stabile ed equa, non sono il primo e neanche il solo che lo sostiene, ma uscirne fuori come ha deciso la Gran Bretagna non è la soluzione. E non è neanche il caso di seguire la strada dell'Ungheria di Orban, che pur restando della UE (e percependo ingenti somme di soldi, anche Italiani, per il suo sviluppo), non intende cedere sovranità sul tema dei diritti individuali e rivendica anzi il diritto a un'eccezione nazionale (come ha dimostrato Orban non ratificando la convenzione di Istambul contro la violenza sulle donne).