C'è un vecchio trucco nel mondo della politica, ed è così banale che fa quasi ridere: sposta il confine di ciò che è accettabile un po' alla volta e la gente si adatterà senza accorgersene.
Davide contro Golia: Quando il Cittadino Sfida le Big Tech
di Nicola Accordino

C'era una volta un gigante chiamato Golia. Alto, forte, arrogante. Nessuno riusciva a sconfiggerlo, finché arrivò Davide, un pastore con una fionda. Lo conosciamo tutti, no? Ma oggi non siamo più nell'antica Israele, e Golia ha cambiato volto. Non ha più un'armatura, ma una holding in Delaware, server in Irlanda, e depositi fiscali in Lussemburgo. E Davide? È ancora lì: solo, armato di uno smartphone con schermo crepato e una connessione Wi-Fi ballerina.
Benvenuti nella nuova favola della globalizzazione: l'epica battaglia tra cittadino e Big Tech.
Amazon, Google, Facebook, Apple, Microsoft: le conosciamo bene. Sono nei nostri telefoni, nelle nostre case, nei nostri pensieri. Letteralmente. Conoscono le nostre ricerche notturne su come cucinare i broccoli, i nostri dubbi esistenziali, i nostri desideri più inconfessabili. Si sono inserite nei ritmi della nostra vita, talvolta sostituendosi allo Stato, alla scuola, alla piazza.
Sono più potenti di molte nazioni: non votate, non elette, ma capaci di modellare l'opinione pubblica, influenzare le elezioni, riscrivere le leggi del mercato. E lo fanno con un sorriso, un'interfaccia user-friendly, e una newsletter settimanale con le "offerte che ti potrebbero piacere".
ma dove paga Golia? Risposta breve: da nessuna parte.
O meglio: paga dove le tasse sono basse, quasi invisibili. Grazie a meccanismi noti come transfer pricing, scatole cinesi fiscali, intellettual property boxes e altri strumenti legali, ma eticamente acrobatici, riescono a spostare i profitti laddove il fisco è più gentile. Così, aziende che fatturano miliardi in Italia pagano tasse da bar di provincia.
Un esempio su tutti? Apple: nel 2014, dopo un'indagine UE, si scoprì che pagava appena lo 0,005% di tasse in Irlanda sui profitti europei. Un miracolo. Economico, non divino.
Il cittadino medio non ha holding internazionali, né commercialisti che parlano in sigle. Ha però qualcosa di più potente: la voce. E quando si unisce ad altre voci, può diventare un coro difficile da ignorare.
Il "nuovo Davide" ha capito che:
- Può votare politici che chiedano una tassa minima globale.
- Può denunciare online le pratiche scorrette.
- Può scegliere dove comprare, sostenendo imprese etiche, locali, cooperative.
Ma soprattutto può farsi domande scomode, come: perché un'azienda con sedi in tutto il mondo ha bisogno di non pagare quasi per nulla mentre a me fanno i conti fino all'ultimo centesimo?
Parliamoci chiaro: parlare di fisco, tassazione equa, normative antitrust non è esattamente ciò che ti fa spopolare su TikTok. Eppure è da qui che parte il cambiamento.
Nel 2021, 130 Paesi hanno aderito all'accordo dell'OCSE per una tassa minima globale del 15% sulle multinazionali. Una proposta storica (e sì, anche un po' timida), ma che nasce dalla pressione pubblica. Se nessuno ne avesse parlato, non sarebbe mai arrivata.
E chi è che ha fatto pressione? Economisti, ONG, attivisti... e cittadini informati. Cioè Davide, che si stava finalmente svegliando.
Ogni acquisto è un atto politico. Quando compri da un piccolo produttore, paghi il prodotto e contribuisci alla comunità. Quando compri da Amazon a mezzanotte con consegna Prime, paghi la comodità, ma finanzi anche un modello che non sempre tutela lavoratori e territorio.
Questa non è moralizzazione, è consapevolezza. Nessuno può essere sempre coerente, ma scegliere consapevolmente una volta su cinque è già una forma di resistenza. Davide non può vincere ogni round, ma può colpire nei punti deboli: immagine pubblica, reputazione, etica.
Non sottovalutiamo il potere del "click consapevole". Ricordi il caso Cambridge Analytica? O la campagna #StopHateForProfit contro Facebook? O l'hashtag #AmazonStrike?
Ogni movimento nato online ha avuto un impatto. Magari non ha abbattuto Golia, ma l'ha costretto a muoversi, a difendersi, a cambiare qualche regola del gioco.
Persino le aziende più ciniche temono lo sdegno pubblico organizzato, i boicottaggi, le figuracce mediatiche. Non per amore della giustizia, ma perché influiscono sul fatturato. E il portafoglio, si sa, è il vero cuore di Golia.
Davide, se vuole avere una chance, deve usare l'ironia come leva. Laddove Golia si prende troppo sul serio – con i suoi report di sostenibilità dal tono paternalista – Davide può ridicolizzarlo, renderlo grottesco, far emergere le sue contraddizioni. E non c'è niente che Golia tema di più del diventare meme.
L'ironia è popolare, contagiosa, virale. E ha il pregio di parlare a tutti, anche a chi non ha studiato economia internazionale. È la lingua franca della ribellione intelligente.
Davide non vincerà con un singolo colpo. Golia non cadrà in un giorno. Ma se oggi iniziamo a parlare, domani a votare, dopodomani a scegliere, e poi a ridere insieme di quel gigante troppo grosso per capire, allora forse abbiamo una possibilità.
E se anche non lo abbattiamo, almeno lo renderemo un po' meno sicuro di sé, un po' più attento, un po' più umano.
E magari, mentre guarda con sospetto quella marea di piccoli Davide che crescono, si accorgerà che l'era del dominio totale è finita.
C'era una volta un gigante chiamato Golia. Alto, forte, arrogante. Nessuno riusciva a sconfiggerlo, finché arrivò Davide, un pastore con una fionda. Lo conosciamo tutti, no? Ma oggi non siamo più nell'antica Israele, e Golia ha cambiato volto. Non ha più un'armatura, ma una holding in Delaware, server in Irlanda, e depositi fiscali in Lussemburgo....